Around the world trip without flights was completed March 18, 2013. But many new travel projects came and will come. Books, photos and videos of a free life dedicated to the knowledge of the amazing World where we are living.

sabato 8 dicembre 2012

Vivere in un ostello / Living in a hostel


Vivere in un ostello significa condividere diverse situazioni quotidiane con gente di ogni paese: dalla camera alla cucina, dalla televisione ad una birra per finire con la storia della propria vita. Consapevoli di essere solo di passaggio, i viaggiatori si aprono come raramente fanno a casa loro e sono più spontanei e naturali. Personaggi stravaganti di tutte le età ti arricchiscono di esperienze uniche da cui trovare ispirazione o semplicemente da cui imparare a conoscere meglio l'essenza di un essere umano. Confrontarti ogni giorno con persone diverse ti aiuta a sviluppare riflessioni o pensieri sulla tua vita. Questo sono tutti lati positivi che si vivono di giorno e a volte di notte perché si sa che le persone mostrano anche il loro lati più scuri dopo il tramonto.

Per ragioni di sicurezza la maggior parte dei turni che faccio sono da mezzanotte alle otto del mattino. Apro la porta e controllo chi entra, servo da bere ai clienti controllando sempre che il loro tasso alcolico non salga  più di tanto e se capita devo intervenire. Fino ad ora le situazioni più curiose le ho vissute in questo turno. Potrei raccontarvi di un anziana argentina insonne che alle cinque del mattino, quando faccio fatica a tenere gli occhi aperti e cerco di approfittare del divano vuoto, si presenta da me con alcuni fogli su cui ha appuntato una cinquantina di nazioni diverse di cui vuole avere indicazioni di viaggio. 
Oppure di una ragazza argentina e musulmana che in questi giorni è stata cliente dell’ostello in attesa di andare in Egitto e poi negli Emirati Arabi per la prima volta dalla sua famiglia di origine. Di giorno entrava con il velo, a volte accompagnata dal padre, e di notte si lasciava andare a fiumi di birra e festa nelle discoteche di Cordoba. Una delle sue ultime notti è arrivata completamente sbronza e vagava per l’ostello indossando solamente reggiseno e tanga mettendomi spesso in situazioni complesse. Anche perché faceva un eccessivo rumore e dovevo riprenderla per permettere agli altri clienti di dormire. Quando vivevo in Pakistan ero abituato a non poter neanche parlare con una donna musulmana, chissà come se la passerà negli Emirati Arabi.
Poi ci sono gli israeliani che in questi mesi mi hanno sorpreso soprattutto per due motivi. Il primo è che sono il paese che viaggia di più in assoluto, nonostante siano solo un paese di otto milioni di abitanti sono quelli che ho incontrato più in viaggio. In Israele è obbligatorio il servizio militare e dura tre lunghi anni, così dopo questo duro periodo la maggior parte dei giovani partono per il mondo alla ricerca di emozioni forti. Il secondo è la festa eccessiva che fanno, soprattutto chiassosa e condita spesso da sostanze stupefacenti. Ma non bisogna generalizzare perché ho incontrato molti altri israeliani interessati più alla cultura che visitavano che alla festa e con cui ho condiviso piacevolmente il viaggio.  La scorsa notte ad un gruppo di sei ho dato da bere fino alle cinque del mattino mentre sonorizzavano il salotto con musica trance. Tre volte ho dovuto spiegarli che per parlarsi ad un metro di distanza possono anche non urlare, poi se ne sono resi conto.
Infine ecco la storia di un bizzarro argentino con un cognome per niente casuale, il signor Malizia. Entra nell’ostello con una donna e mi chiede un letto in una camerata con sei persone. Lo accompagno alla stanza e quando nota che ci sono anche delle ragazze mi chiede se disponiamo di una camerata con solo uomini. Inizio a insospettirmi e gli dico che son tutte miste le camerate. Quando la situazione appare più chiara gli spiego che forse una stanza privata fa al caso suo e lo convinco a spendere qualcosa di più.

Sto attraversando una fase di viaggio ben diversa dal solito. Ora sono gli altri quelli che se ne vanno, ma mi fa piacere fermarmi per un periodo e rimanere comunque in contatto quotidianamente con stranieri in movimento. E’ come se stessi comunque viaggiando. In ogni caso Cordoba mi sta regalando piacevoli emozioni attraverso tutte le sue attività musicali, culturali e artistiche ma anche tanto sotto il piano umano. Oltre ai viaggiatori sto legando con i miei colleghi sudamericani e stiamo creando una temporanea famiglia.  Ma tranquilli che, anche se mi sono tatuato due nuove ancore, il richiamo dello zaino si fa sempre sentire. D’altronde la mia casa potrebbe essere ancora per molto la strada, questa tappa mi sta dando un ulteriore conferma perché mi trovo in una situazione in cui mi trovo particolarmente bene ma dopo aver vissuto l’ultimo anno ad una certa intensità, so che il mondo ha ancora tanto da offrirmi.

Living in a hostel means sharing different daily situations (from the bedroom to the kitchen, from the television to beer and, last but not least, one’s life story) with people from many different countries. Travellers open up as they rarely do back home, they are more natural and spontaneous because they know they are just passing through. Meeting extravagant people of all ages can enrich and inspire you, or simply teach you more about what it means to be a human being. It can also help you reflection on your own life. These positive aspects are experienced during the day, and sometimes at night - since after sunset people also show their darker sides.

For safety reasons most of my shifts are from midnight to eight in the morning. I open the door and check who comes in, and serve drinks to customers while making sure that they don’t overdo things – if they do, I have to step in. So far I have experienced the most peculiar situations on this shift. I could tell you about the sleepless old Argentinian lady who came to me at five in the morning, while I was struggling to remain awake and trying to take advantage of an empty couch, with some sheets of paper on which she had written down about fifty countries she wanted to ask me travel information about.
Or the Muslim Argentinian girl who was staying at the hostel while waiting to go first to Egypt and then the United Arab Emirates to visit her family for the first time. During the day she came veiled, sometimes accompanied by her father; at night she drank gallons of beer and partied in the discos of Cordoba. One of the last nights she came back completely drunk and wandered around the hostel in only a bra and tanga, which made things rather embarrassing, not only because she was so noisy and I had to tell her off so that other people could sleep. When I was living in Pakistan I was used to not being even able to speak to Muslim women, who knows how she will get on in the UAE.
Then there are the Isrealis, who in these months have surprised me. For two reasons in particular: the first, that they are the nationality which travel the most - despite there being only eight million of them, they are the ones who I’ve met the most. In Israel, military survice is compulsory and lasts three long years so after such hard times most young people leave and travel around the world searching for deep experiences. The second, that they party too much, are often really loud and often on drugs. But I shouldn’t generalize - I have met many other Israelis who were more interested in the culture of the places they were visiting than in partying and who I have shared pleasant travels with. Last night I served drinks to a group of six until five in the morning while they played trance music in the living room. Three times I had to tell them that there was no need to shout to make themselves heard when only a metre away from each other, and in the end it sank in.
Finally, here’s the story of a weird Argentinian man, Mr Malizia (Mr Mischief), whose surname was indeed quite appropriate. He came into the hostel with a woman and asked for a bed in a six-person dormitory. I took him to the room and when he noticed that there were also some girls there he asked me whether we had men-only dorms. I started to become suspicious and told him all that all the dormitories are mixed. When the situation became clear I explained to him that perhaps a private room was what he was looking for and convinced him to spend a little bit more.

I’m going through a travelling phase which is different from the usual. Now other people are the ones who leave, I’m happy to stop for a while and keep in touch with the foreigners on the move. It’s still as if I was travelling. In any case, Cordoba gives good vibes with all its musical, cultural and artistic activities as well as a lot on a human level. I’m bonding not only with travellers but also with my South American colleagues, and we’re creating a temporary family. But don’t worry, because even though I’ve tattoed myself with two new anchors, I can still hear my backpack calling.  My home might still be the road for a long time after all, and this phase comes as further proof, because although I feel particularly good here and now, after living an intense past year I know the world still has a lot to offer to me.




3 commenti:

  1. con quali soldi ti paghi l'ostello? come fai a mantenerti?

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    1. ma scusa, ma hai letto il post ?
      perchè dovrei pagare l'ostello in cui lavoro ?

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  2. Ciao, ho letto con molta curiosità il tuo articolo e ti faccio i miei complimenti.
    Cosa ti ha spinto a diventare cittadino del mondo?
    Ciao.
    La mia mail è hoctopus@hotmail,it

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