Around the world trip without flights was completed March 18, 2013. But many new travel projects came and will come. Books, photos and videos of a free life dedicated to the knowledge of the amazing World where we are living.

lunedì 27 agosto 2012

25/08/2012 A spasso nella sacra valle Inca / A walk in the sacred valley of the Incas


Sveglia alle 7.30, ma come al solito alle 6 son già sveglio. L’ideale per iniziare una giornata di esplorazione nella sacra valle Inca, disorganizzato e armato di voglia di camminare, e uscire per la città ancora piuttosto deserta. Le fredde panchine delle piazze di Cusco sono occupate da senzatetto addormentati, l’aria è già irrespirabile per i pochi veicoli che transitano. In Perù si utilizza il tipo di carburante più nocivo al mondo. Le poche persone che incontro, tutte peruviane, o stanno andando a lavoro o sono ancora in giro dopo un venerdì notte estremamente alcolico, facilmente visibile dalla storta camminata. Sulle mura della città osservo alcuni poster di sanguinose corride e di stupidi combattimenti tra galli. Arrivo al terminal degli autobus e salgo al volo su uno in partenza, entro e mi trovo in uno di quei mezzi che adoro, sporco e trasandato ma affollato di indigeni e le donne, sempre elegantissime, indossano calze e maglia di lana, una gonna e il marrone cappello tradizionale da cui spuntano le lunghe treccine che si annodano sopra al fondoschiena. Si parte!

Dopo una quarantina di chilometri, al costo di 4 soles (1.25 euro), vengo scaricato nell’intersezione da cui parte una strada verso i villaggi di Maras e Moray. Incontro alcuni taxisti che cercano di convincermi a salire sui loro mezzi ma, quando leggo che il primo dista 4 chilometri e il secondo 12, decido di incamminarmi. Un taxista , insiste e mi racconta che la strada è pericolosa perché recentemente 4 francesi sono stati rapinati, cerca pure di fare pressione sul fatto che si sta per mettere a piovere. La storia dei francesi mi sembra una farsa e la pioggia non è assolutamente un problema, così lo saluto e proseguo. Mezzora e mi trovo a Maras, un povero e pittoresco comune color terra perché le mura delle case sono tutte in adobe –un impasto di argilla, sabbia e paglia essiccato al sole. Le strade sono affollate da branchi di asini e da greggi di vacche e pecore che spesso e volentieri le riempiono di letame. La popolazione è indigena, soprattutto anziani e bambini, e vive la quotidianità ad un ritmo così rilassante da essere contagioso. Chiedo indicazioni per Moray ad un vecchio sorridente con dei gran baffoni che gentilmente mi dice di proseguire per la via in cui camminavo.

Esco da Maras e ritrovo la valle, da una parte la strada per le macchine e dritto una stradina che attraversa i giallissimi campi di mais. Passeggio allegramente osservando i panorami con montagne e cime innevate tra i 4000m e i 5000m sullo sfondo. Incontro altri branchi di maiali neri e pecore guidati da bambini e cani. Come cornice al mio sentiero una serie di piante grasse di aloe e alcuni canali per l’acqua proveniente dai monti. Inizia a piovere, indosso la mantellina e proseguo spensierato fino a Moray.

Al mio arrivo smette di piovere, mi invitano a fare il biglietto a 10 soles (3 euro) e mi avvio verso il punto panoramico. Ed ecco una meravigliosa mistica serie di terrazze rotonde e concentriche scavate nel terreno che ricordano i cerchi nel grano. Si tratta di una sperimentazione agricola in cui ogni terrazza gode di un microclima diverso sia per temperatura sia per esposizione al sole. Ci sono molti enigmi su questo sito che alcuni definiscono un anfiteatro, ma le strutture sono tipicamente Inca e dovrebbero appartenere a loro. Scendo nella terrazza più profonda per godere del silenzio che riporta in vita la magia di questo luogo. Purtroppo, pochi minuti, e arrivano gruppi di turisti chiassosi in massa. Si parlano urlando da una terrazza all’altra oppure direttamente dal punto panoramico a dove mi trovo io, che sono ben 50 metri di distanza, spezzando la magia dell’atmosfera che avevo incontrato. Così me ne vado lasciando spazio a questi ignoranti.

Ritorno sulla via per Maras riattraversando i campi nuovamente sotto la pioggia. Una volta a destinazione chiedo consigli a dei contadini che mi indicano la strada verso le saline che dista qualche chilometro fuori dal centro. Attraverso la piazza principale che è un cantiere aperto, l’unica zona della città che sta per essere ammodernata per via del turismo in sviluppo. Incontro nuovamente una stradina sterrata che attraversa altri campi e scende verso un piccolo canyon. Cammino e cammino fino a quando noto in lontananza delle bellissime saline bianche formate da una moltitudine di piccole vasche una a fianco all’altra. Pago l’entrata con 7 soles (2.20 euro) e passeggio tra le vasche di dimensioni 4 metri quadri e profonde 30 cm circa. Fin dai tempi Inca il sale veniva ottenuto dall’evaporazione dell’acqua salata proveniente da una sorgente a monte. L’acqua è accuratamente incanalata in un ampia rete di canali che la trasportano nelle varie vasche gradualmente dove, sotto l’azione dei raggi solari, avviene l’evaporazione la raccolta del sale da parti dei “contadini”. Raggiungo l’ultima vasca e, in solitudine, ne approfitto per fare un gustoso spuntino con pane, formaggio e banane. 
A stomaco pieno non sono intenzionato a tornare indietro e decido di proseguire a fondo valle senza avere la minima idea di dove sto andando. Sono sereno e spensierato, sento dalla mia parte due fattori fondamentali per la felicità, il tempo e la libertà. Termino di scendere e arrivo davanti ad un grande fiume largo 20 metri, che non può che essere l’Urubamba. L’unico luogo abitato nell’area sembra un villaggio fantasma, tira un forte vento che alza vortici di polvere e sbatte le porte delle case aperte, ma non vedo l’ombra di un essere umano, solo polli e cani randagi. Cammino alla ricerca di un ponte e noto in lontananza una signora indigena, la raggiungo e le chiedo informazioni. Mi consiglia di proseguire e attraversare il prossimo ponte. Finalmente supero il fiume, nell’altra sponda trovo un piccolo centro abitato e vengo guidato su una statale. Senza sapere ancora dove mi trovo, mi sistemo a bordo strada con il pollice alzato. Trascorre mezzora e finalmente un uomo sulla quarantina con sua moglie mi carica su una toyota grigia. Mi accompagna per alcuni chilometri alla città omonima al fiume Urubamba. Mi scarica davanti al terminal per i pullman diretti a Cusco e salgo sul primo mezzo, nuovamente sgangherato, prendendo posto a fianco ad una grassa e sorridente signora indigena. Mi addormento stanco per la trentina di chilometri percorsi e mi risveglio direttamente a destinazione con la signora che mi tira un grezzo spintone.


My alarm clock was set for 7.30, but I was already awake at 6, as usual. This was an ideal start for a day of exploration in the sacred valley of the Incas, leaving the town before it got busy, full of the desire to walk and without being organised. The cold benches in the squares of Cusco were occupied by sleeping homeless people and the air was already unbreathable as a result of the pollution produced by the few vehicles around - in Peru, the most noxious fuel in the world is used. The few people I met were all Peruvians, either going to work or staggering around after a Friday night out drinking. On the city walls I saw posters of bloody bullfights and stupid cockfights. At the bus terminal I took a bus that was just leaving and found myself on one of those vehicles I adore: dirty, rickety, full of locals and wonderful elegant women in woollen socks and jumpers, skirt and the traditional brown hats out of which their long plaits hang down to just above their backsides, where they are tied. Off I went!

After a journey of about forty kilometres costing 4 Soles (€1.25) I was dropped off at a junction from where a road led to the villages of Maras and Moray. Some taxi drivers tried to convince me to take one of their vehicles but when I found that Maras was four kilometres away and Moras twelve, I decided to walk. One taxi driver insisted, tellin me that the road was dangerous and four French people had recently been robbed, even adding that it was about to rain. The story about the French didn’t sound true and rain didn’t bother me, so I said goodbye and went on my way. Half an hour later I reached Maras, a poor but picturesque town whose brownish colour came from its buildings made of adobe bricks, a mixture of clay, sand and straw dried in the sun. On the roads, herds of donkeys, cattle and sheep left the road covered with excrement. Maras’ population is indigenous, with many old men and children who live their daily lives at such a relaxing rythm that it becomes contagious. I asked an old smiling man with a big moustache how to get to Moray and he kindly told me to carry on down the road I was on.

Leaving Maras, I found myself in the valley, with the road for cars on one side and straight ahead a path that crossed bright yellow corn fields. I walked happily, looking at the mountain landscape with its snow-capped peaks between 4000 and 5000 metres in the background. I saw more herds of black pigs and sheep herded by children with dogs. At the sides of the path there were aloe plants and channels filled with water from the mountains. It started to rain, I put on my cape and carried on walking light-heartedly towards Moray.

It stopped raining on my arrival. I was invited to purchase an entry ticket for 10 Soles (€3), then I walked to the panoramic spot. Before me, dug into the ground,  lay a marvellous, mystical series of concentric circular terraces (photo 1) similar to crop circles. This is a agricultural experiment where every terrace has a different microclimate with a different temperature and sun exposure. There are many enigmas concerning this site that some people consider an amphitheatre but the structures are typically Inca so were probably built by them. I walked down to the deepest terrace to enjoy the silence that brings the magic of the place to life. Unfortunately, groups of noisy tourists arrived a few minutes later. Shouting to each other from one terrace to another or directly from the panoramic spot to where I was, a good fifty metres away, they were ruining the magic of the atmosphere so off I went, leaving the place to those ignorant people.

I got back on the road to Maras by crossing the fields, once again under the rain. Once there, I asked some local farmers for directions and they pointed to a road leading to the salt pans a few kilometres from the town centre. I crossed the main square, an open construction site, the only one in a town which is about to modernise in response to increasing tourism. I came to another dirt track crossing more fields and went down towards a small canyon. I walked on and on until I spotted some beautiful white salt pans (photo 2) in the distance, a multitude of tiny basins. I paid 7 Soles (€2.20) to enter the site and walked along the basins which have a surface of four square-metres and are thirty centimetres deep. Since the days of the Incas, salt has been obtained by evaporating water from springs on higher ground. The water is carefully and gradually conveyd by a network of channels to the basins where the sun evaporates it, leaving the salt to be collected by “farmers”.  On reaching the last basin, I had a tasty snack in solitude of bread, cheese and bananas.

I didn’t want to go back with a full belly, so decided to continue to the bottom of the valley, with no idea of where I was heading. I was serene and light-hearted and felt that two fundamental factors for happiness, time and freedom, were on my side. When I got to the bottom I found a twenty-metre wide river that could only be the Urubamba. The only inhabited place in the area looked like a ghost town, strong gusts of wind raised vortexes of sand and made the entrance doors of the open houses slam. I saw nobody around, just chickens and stray dogs. I walked in search of a bridge and saw an indigenous woman in the distance so I walked up to her and asked for information. She suggested that I carried on and cross over at the next bridge. I finally crossed the river and on the other side I found a tiny settlement and then made it to the main road. Without knowing where I was I stood at the roadside and waited with my thumb raised. After half an hour, a man in his forties with his wife gave me a lift in their grey Toyota for the few kilometres to Urubamba, the town with the same name as the river. They left me in front of the terminal for buses heading to Cusco and I took the first one available, another rickety one, sitting down next to a fat smiling indigenous lady. I fell asleep, tired after walking for thirty-odd kilometres and woke up at my destination when the woman gave me a rough shove.


19 commenti:

  1. Ciao Carlo,

    Ti seguo da un po' di giorni... mi piace leggerti... e mi ispira quello che fai... guardo anche le tue foto su Flickr. Complimenti!

    Non ti fermare mai... )

    Gianni

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  2. Ciao, ti ho scoperto da poco. Mi piace come scrivi e credo proprio che, tempo permettendo, mi leggerò tutto il blog!

    Fabio

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  3. Complimenti per la tua "avventura" affascinante e 'liberatoria'! Abbiamo letto con piacere il tuo blog e pubblicheremo ben presto sul nostro network un "riassunto" della tua scelta di vita! In bocca al lupo!!!

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  4. Oggi ho letto la tua intervista su Yahoo e sono proprio curioso di scoprire di più sul "tuo grande sogno"!

    Seguirò il tuo viaggio attraverso i racconti del blog...
    Sarebbe bello farci anche un fumetto su questa tua grande avventura, sai?^^



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    1. eh si sarebbe una bella idea...solo come???

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    2. Posso scriverti in privato?

      Puoi mandarmi un primo messaggio tu alla mail della mia casa editrice così da risponderti.

      La mail è:
      info@emmetre-edizioni.eu

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  5. Ciao Carlo, ti ho conoscito leggendo una tua intervista sull'amianto in Colombia, dove dicevi che in altri paesi del sud Amrica come Argentina e Brasile hanno vietato l'uso dell'amianto.
    Non so in altri paesi del Sud America, ma io vivo in Brasile da 1 anno e non mi sembra proprio che ci sia alcuna legge che vieta l'amianto, tanto è vero che qui c'e' una delle più grandi fabbriche di Eternit. Sarei felice di essere smentito e se hai delle info a riguardo ti pregherei di mandarmele, ma posso capire come ti sei sentito quando sei arrivato in Colombia, qui la situazione non è molto differente e a noi europei fa impressione.
    Se passi per il Brasile saro felice di ospitarti e di discutere sull'argomento, puoi scrivermi a zippillic@gmail.com
    Non ti fermare, siamo tutti con te, facci conoscere il mondo.

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    1. Ciao Claudio, non mi fraintedere. Ho scritto che i governi di questi paesi hanno preso iniziative per contrastare il fenomeno fino, in alcuni casi, a proibirlo completamente. Il Brasile non lo ha vietato del tutto ma in alcune regioni è stato proibito. Essendo un paese enorme e uno dei primi consumatori al mondo è chiaro che esistono ancora zone in cui è una grave problematica. Passerò sicuramente in Brasile, così potrò approfondire questo tema e anche le problematiche dell'Amazzonia. Grazie !

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  6. Ciao Carlo, il Perù ti piace? Mia moglie e peruviana e se passi da Lima mia suocera ti offre un caldo di gallina. Al momento mi trovo in italia ma se ti serve qualcosa scrivimi. accettagiuseppe@yahoo.it. Viaggiare mi ha sempre appassionato e qualche viaggio in giro per il mondo lo fatto e quella sensazione, quello stato di serenità esiste veramente e si verifica proprio in quei momenti quando ti trovi in viaggio come anche tu dici. ciao a presto. divertiti. Giuseppe

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  7. Bene sei il coraggioso uomo rimasto sulla terrà,Che vive...e non fa il vegetale o parassita ,anchio in questo periodo sento il desiderio di fare qualcosa Che mi faccia stare bene con me stessa,aiutare le persone in difficoltà,non so da dove cominciare,speriamo Che i Dio mi dia una traccia ed un segnale tangibile,

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  8. Ciao Carlo, volevo dirti che ammiro veramente tanto quello che fai e penso che sia una cosa straordinaria poter viaggiare così; noi tutti dovremmo riuscire a trovare il coraggio di prendere e partire per poter dire di vivere realmente la nostra vita. Attendo le tue foto dal Perù, una meravigliosa terra che sogno da anni e che spero di poter visitare prima o poi. :) Ti saluto!
    Titti, una tua concittadina (di Torino!)

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  9. Vorrei avere il tuo coraggio, viaggiare è la cosa piu bella che si possa fare in questa vita!

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  10. Ciao, ho appena scoperto il tuo blog...non vedo l'ora di leggermi tutti i post..mi sembrerà di viaggiare con te!!! Una curiosità, ma la tua famiglia che ha detto quando hai deciso di partire? Non hanno provato a fermarti?

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    1. Ho solo mio padre e vedendo tutta la passione e la felicità che mi poteva dare questa esperienza ha approvato la mia scelta. In ogni caso ho 27 anni e da 7 me la cavo da solo facendomi la mia vita. Mio padre è abituato.

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  11. Ciao Carlo, ho appena scoperto il tuo blog. Trovo la tua avventura straordinaria, bellissima e assai coraggiosa. Sei uno dei pochi che è riuscito a fare quello che molti di noi desidererebbero, ma non trovano il coraggio di fare. Ti auguro buon viaggio, leggerò il tuo blog e, quando uscirà, anche il libro. Stando qui pare anche a me di viaggiare un pochino insieme a te. Un saluto dalla tua Torino.

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  12. ciao Carlo, sei un grande , stai facendo quello che molti di noi non hanno il coraggio di fare ; ho scoperto il tuo blog quasi per caso ed ora ti seguo tutti i giorni per venere le news del tuo lungo viaggio. Se e quando tornerai in Italia mi farebbe un immenso piacere incontrarti per ascoltare le storie dei tuoi viaggi, aspetto che uscirà il tuo libro. Ciao Carlo continua così e grazie perchè ci stai facendo sognare, e perchè ci dai la conferma che se si vuole tutto si può fare. buon viaggio. Sergio.

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  13. Ciao Carlo, da qualche settimana ho scoperto il tuo blog. Sei un GRANDE! Hai avuto il coraggio di iniziare una cosa che tanti (me compreso) soffocano nel cuore. Anche a me piace viaggiare, ma la famiglia e troppe radici mi hanno bloccato. Sicuramente compreo' il tuo libro quando sara' in edicola, per ora sto leggendo i tuoi post nel blog, sognando l'Avventura.
    Ciao, buon viaggio.
    Saluti da Torino.
    Eddi

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  14. Ciao Carlo,

    proprio in questi giorni in cui avverto sempre una maggiore intolleranza alla vita "preconfezionata" e la necessità di fermarmi (non i 20 gg di ferie!)leggo il tuo blog...complimenti!è un'idea che mi frulla da un po' di testa, ma scusa se sono indiscreto e quindi sei libero di non rispondermi: ma economicamente come fai?e comunque per fare un'esperienza così quanto (al mese) secondo te è opportuno prevedere?

    Grazie e ti saluto

    MIK

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