Around the world trip without flights was completed March 18, 2013. But many new travel projects came and will come. Books, photos and videos of a free life dedicated to the knowledge of the amazing World where we are living.

mercoledì 23 novembre 2011

23/11/2011 Meditando a Rishikesh / Meditating in Rishikesh



Da tre giorni mi sono fermato a Rishikesh, capitale mondiale dello yoga e degli ashram. E’ conosciuta anche come luogo vegetariano in cui è vietata la vendita di alcolici e l’utilizzo di sacchetti di plastica. Sono arrivato assieme ad un ragazzo polacco conosciuto sul pullman con cui ho condiviso il viaggio per 2 giorni. Rishikesh è una tranquilla cittadina ai piedi dell’Himalaya indiano immersa nel verde e bagnata dal Gange. E’ un'altra zona sacra per la presenza di tanti ashram, zone di culto degli induisti nelle quali seguono gli insegnamenti di un guru. Ero interessato a provare un esperienza dentro ad uno dei tanti della zona, ma da quando sono arrivato una serie di incontri mi hanno portato su una strada diversa che si sta rivelando quella che cercavo. Non ho molto da condividere con le regole degli ashram che sembrano dei conventi. Devi vestirti in una certa maniera, devi mangiare quando e cosa dicono loro ed entro una certa ora sul presto chiudono i cancelli. Non credo nella religione indù quindi penso sia meglio vivere di più l’atmosfera rilassata e spirituale che si avverte nelle strade di Rishikesh seguendo alcune lezioni di mia iniziativa.

In questi giorni ho percorso un trekking su una collina che porta ad un monastero assieme ad una ragazza spagnola con cui condivido il viaggio da 3 giorni e con cui dovrei andare in Parvati Valley la prossima settimana. Il trekking si è interrotto pochi metri prima del monastero perché nella foresta un gruppo di una decina di scimmie affamate hanno bloccato la strada aggredendo pure una famiglia indiana. Ci sono scimmie ovunque, pure nella mia guest house devo tenere la porta chiusa perché cercano di entrare e rubare cibo. Ho anche provato  una lezione di yoga, ma credo di essere più interessato alla meditazione.

Alla sera al Paradise Cafe' ho avuto il piacere di conoscere un baba indiano con cui mi fa davvero piacere parlare. Tutte le sere sono con lui oltre ad altri ragazzi e ragazze italiani, russi, americani e israeliani. Lui, un uomo sulla quarantina magro con la barba folta e uno sguardo penetrante, sta girando l’India in moto. Gli piace conoscere gente nuova e aiutare gratuitamente chi è interessato attraverso la meditazione e la filosofia.

Questa mattina ero sveglio all’alba che pensavo a quanto mi sarebbe piaciuto seguire i suoi insegnamenti, ma non avevo nessun contatto suo. Così mi sono alzato per andare a lezione di yoga ma ho scoperto che avevo l’orario sbagliato ed era già iniziata. Allora ho pensato di andare in un bar a scrivere. Entro e ordino ma ho banconote di grossa taglia ed avendo appena aperto il bar non ha il resto quindi riesco. Incontro per caso Antonio, uno dei ragazzi del Paradise, che mi invita ad andare con lui e il baba a imparare la meditazione - nulla succede per caso!

Sono salito poco sulla collina per raggiungere un ruscello immerso nel verde davanti al quale ho iniziato l’introduzione alla meditazione con il baba. Sto ricevendo un bombardamento di input postivi e continue stimolazioni dei sensi. E’ difficile assimilare tutte queste informazioni, mi sento una spugna zuppa, scrivere è la migliore soluzione per liberare altro spazio per assorbire ancora. A volte non dormo la notte sentendo il bisogno di scrivere per raccogliere tutta la tempesta di pensieri. Era quello che cercavo e non sono mai stato così sereno, cercherò di andare ancora più a fondo. Trascorrerò ancora alcuni giorni con il baba e dopo mi dirigerò verso la Parvati valley per iniziare altri trekking.  



I stopped in Rishikesh, world capital of yoga and ashrams, for three days. It is also known to be a vegetarian place where the sale of alcohol and the use of plastic bags is prohibited. I arrived with a young Pole I had met on the bus and travelled with for two days. Rishikesh is a calm town on the river Ganges in the green Himalayan foothills. This is another sacred place because of the many ashrams, Hindu religious places where the faithful follow the teachings of gurus. I was interested in entering an ashram for the experience, but since I had arrived a series of encounters had taken me down a different path that turned out to be the one I had been looking for. Ashrams with rules that make them seem convents or monasteries are not really my cup of tea: you have to dress in a certain way, eat what and when you are told too, and the gates to the ashram are closed at a certain time, usually quite early. I do not believe in Hinduism so I decided it was better to experience the relaxed and spiritual atmosphere of the streets of Rishikesh and to take some lessons on my own initiative.

I trekked up a hill to a monastery with a Spanish girl. She had travelled with me for three days and we intended to travel together the following week to the Parvati Valley. Our trek stopped just short of the monastery because dozens of hungry monkeys were blocking the road and even assaulting an Indian family. There were monkeys everywhere, even in my guesthouse the door had to be kept closed as the monkeys try to enter and steal food. I also tried a yoga lesson but the idea of meditation seemed more interesting.

In the evening I had the pleasure of meeting and talking with with an Indian baba at the Paradise Cafè, together with Italians, Russians, Americans and Israelis. This Indian was around 40 years old, had a thick beard and piercing eyes and was travelling around India on a motorbike. He liked meeting new people and helping for free people interested in meditation and philosophy.

One morning I was already awake at dawn, thinking about how much I would have liked to follow his teachings but I had no way of contacting him. I got up and left for my yoga lesson but found I had the wrong timetable and that the lesson had already started. I went into a bar, intending to write, and ordered, but as the bar had just opened, they couldn’t change my large banknote, so I left.
By chance I met Antonio, one of the guys from Paradise Cafe, who invited me to go and learn meditation with the baba ...everything happens for a reason!

I walked a little way up a hill to a stream in the middle of greenery, where I was introduced to meditation by the baba. I was bombarded with positive inputs and continuous sensory stimulation. It was difficult to assimilate all that information, I felt overloaded, and writing was the best way to free up space to absorb more. At times, the need to write in order to bring together the whirlwind of my thoughts keeps me awake at night. This was what I was looking for, I had never felt so serene and decided I would look into this further. I spent a few more days with the baba and then got ready to move on to the Parvati Valley and do more treks.

lunedì 14 novembre 2011

10/11/2011 Arrivo a Varanasi / Arrival in Varanasi



Sveglia prima dell’alba alle 4.30 dopo una notte da incubo a Gorakphur, cittadina di passaggio dal Nepal. Non ho chiuso occhio fino alle 2 per via del concerto di clacson di pullman e macchine sulla strada sotto l’ hotel, che si è protratto tutta la notte, mentre le zanzare banchettavano sul mio corpo in una stanza davvero sporca. Alle 3 è partito un generatore e si sentiva talmente forte che pensavo di averlo in camera – mi sono alzato varie volte per controllare.

Cosi zaino in spalla e con una faccia pallida ho raggiunto la stazione e trovato il treno. Salgo sui vagoni della classe più economica ( poco più di un euro per 250 km ), inizio a cercare un posto e mi accorgo come al solito di essere l’unico straniero. Dopo vari tentativi sono fortunato e trovo un posto libero. Ma dopo alcuni minuti arriva un omone grosso e barbuto che reclama il suo posto. Sono troppo stanco e gli chiedo per quale motivo sarebbe suo, mi fa notare un asciugamano e un giornale di sua proprietà, ma non insiste e se ne va.

 Inizia il viaggio e torno a rilassarmi osservando il paesaggio cambiare strada facendo. Ho attraversato un pianura paludosa tra villaggi e campi agricoli, notando la raccolta ordinata di sterco di vacca seccato che da queste parti è un vero e proprio business. Viene utilizzato come combustibile, fertilizzante e anche per isolare le case da umidità e insetti. Pensate che lo utilizzano pure mischiandolo con l’hashish per venderlo ai turisti meno esperti. A mezzora dall’arrivo a Varanasi, quando ormai lo scomparto sta trasportando più del doppio della gente permessa, arriva l’ennesima signora sulla quarantina tutta truccata che chiede un’offerta – nessuno parlava in inglese e non hanno potuto spiegarmi se era solo per elemosina. Le interessano i miei tatuaggi, mi scopre le maniche e la schiena. Poi mi stringe le guance, dice qualcosa di incomprensibile, e mi bacia sulla bocca. Rimango totalmente basito, si gira e se ne va – probabilmente le donne indiane sono più disinibite delle nepalesi.

Arrivo a Varanasi, mi scaricano sui binari, riesco ad uscire dalla stazione nonostante la marea di gente all’interno. Salgo su un ape che cerca di trasportarmi nell’ hotel del suo amico dall’altra parte della città di dove voglio andare. Insisto per farmi portare nella zona interessata cosi mi lascia nelle vicinanze. Vari cacciatori di turisti, che sulla strada cercano di approcciarmi, mi avvertono che oggi è l’ultimo giorno di un festival indù importante sul gange e che sono fortunato– Evvai !Questa è la città sacra in cui tutti gli induisti almeno una volta nella vita vengono a immergersi nelle sue acque e chi vuole uscire dal ciclo di nascita e morte viene a morire qua. Cammino per le strade principali, è il caos ed è difficilissimo farsi spiegare dove si trova la guesthouse. Incontro Mamou, un ragazzo indiano che si offre di accompagnarmi. Entro in un labirinto di vicoli stretti, chiamati gali, attorno ad edifici alti che non permettono il passaggio di raggi solari. All’interno dei vicoli si trova un affollamento di pellegrini, mendicanti, vacche, cani e sterco ma allo stesso tempo si avverte un insieme di odori forti contrastanti. Trovo l’Uma guesthouse che è gestita da un Ong indiana. Questa organizzazione si occupa di dare un istruzione scolastica a bambini poveri o disabili. La scuola è collegata all’ hotel dove mi sistemo in una stanza spartana a 2 euro, il 20% dell’incasso va alla scuola.

Dopo un ora di meritato relax - nelle ultime due notti avrò dormito 6 ore in tutto - non avevo idea dello spettacolo che mi stava aspettando. Assieme a due ragazze francesi ed una indiana scendo tra i gali fino ad un ghat (scalinata che porta al fiume). Appena inizio a intravedere il fiume rimango incantato da milioni di candele e luci ovunque, lo scenario è davvero romantico. Ultimo giorno di Deepwali, il festival indù delle luci che celebra in questo caso il fiume Gange. Inoltre siamo nel mese di Kartika, dedicato alla divinità Krishna.Salgo su una piccola barca a remi che mi porterà a visitare i vari ghat lungo il fiume. Milioni di devoti in festa ovunque, cantanti, balli e fuochi d’artificio. Si avverte un‘ energia travolgente. Augurando prosperità alla propria famiglia i fedeli lasciano scorrere sul fiume candele su corone di foglie. Mi innamoro di Varanasi in poche ore e mi rendo conto dell’immensa fortuna che ho ad assistere a tutto ciò per caso. La forze del mondo in questo momento sospirano per me come direbbe Coelho.

Sto trascorrendo giorni davvero intensi a Varanasi. Durante la festa del Children Day, ho visitato un’altra scuola che ospita bambini poveri o orfani nel suo edificio dando a loro un istruzione. Ho intervistato il direttore della SankatMochan Foundation, che ha dei progetti di pulizia del Gange nella zona di culto. Ho fatto una scelta importante per la mia vita e non solo. Terrò l’esclusiva di tutto ciò e di vari altri racconti, che per ora preferisco censurare, per il libro ampliando anche le descrizioni oggettive. Il blog è solo un breve riassunto di quello che sto vivendo in prima persona. Seguite le foto nel collegamento sulla destra “foto viaggio”.



I woke at dawn, 4.30 in the morning, after a terrible night in Gorakphur, a city in India on the way south from Nepal. I didn’t manage to get to sleep before 2.00 a.m. because of the all-night tooting of buses and cars in the road outside, while mosquitoes feasted on me in my really dirty room.
At 3.00 a.m., a generator started up. It was so noisy, I thought it was in my room and got up several times to check.

So with a pale face and my backpack on my shoulders I reached the train station and found a train.
I got into the cheapest carriages (just over €1 for 250 km) and started looking for somewhere to sit.
I noticed that, just for once, I was the only foreigner on board. After a short search, I was lucky enough to find an empty seat. A few minutes later, along came a big bearded man who claimed that I had taken his seat. I was so tired that I just asked him how it was his and he pointed at a towel and a newspaper of his there, but then left without insisting any more.

The journey started. I relaxed while watching the landscape change as the train made its way through a swampy plain between villages and fields, and noted that cow dung was carefully collected. Dung is truly a business here: used as fertiliser, house insulation against humidity and insects - even mixed with hashish and sold to gullible tourists!

Half an hour before arriving in Varanasi, when the train was carrying more than twice the number of passengers allowed, the umpteenth female beggar in her 40s with heavy make up came into the carriage. Nobody spoke English so nobody was able to tell me if she was just begging or what.
She showed interest in my tattoos and uncovered my sleeves and back. She then pinched my cheeks, said something incomprehensible and kissed me full on the lips! I was flabbergasted, she simply turned and left. Perhaps Indian women are less inhibited than Nepalese ones.

In Varanasi, I got down off the train onto the railway line and, despite the huge crowd, managed to make it out of the station. I got on a rickshaw and although at first the driver wanted to take me to the hotel of a friend of his on the other side of town compared to where I wanted to go, after I insisted, he dropped me off near where I wanted to stay. I was told by many ‘tourist hunters’ who came up to me that this was the last day of an important Hindu festival on the Ganges and that I was lucky to be there. Hooray! Varanasi is the holy city where all Hindus come at least once in their lives to bathe in the waters of the Ganges, whilst those who wish to break the cycle of birth and death come to die here. I walked along the main roads, which were totally chaotic, and it was extremely difficult to get directions to my guesthouse. I then met Mamou, an Indian boy, who offered to take me there. We entered a labyrinth of narrow alleys called ‘gali’ surrounded by high buildings that block out the sunlight. The alleys were crowded with pilgrims and beggars, there were cows, dogs and dung and strong contrasting odours. I finally found Uma’s Guesthouse, where I got a basic room for €2. The guesthouse is run by an Indian NGO that gives basic education to poor or disabled children, with twenty per cent of the money made by the guesthouse going to the school.

After a well-deserved hour relaxing - I had totalled around six hours’ sleep the pr
evious two nights - I had no idea of the spectacle I was about to witness. I walked down to the ghats (steps leading to the river) with two French girls and an Indian girl. From my first glimpse of the river, I was bewitched by the lights and candles everywhere, seemingly millions of them, making the place truly romantic. It was the last day of Diwali, the Hindu festival of lights which, in this case, celebrates the Ganges, and also the month of Kartika, dedicated to Krishna. I got on a small rowing boat to visit the ghats along the river. Everywhere there were devotees, singers, people dancing, fireworks, and the sense of an overwhelming energy. Wishing their families prosperity, the faithful put candles on

garlands and gently deposited them on the water. I fell in love with Varanasi after just a few hours and I realised how lucky I had been not to miss all this. Right now, as Coelho would say, the forces of the Universe conspire for me.

The days in Varanasi were really intense. On Children’s Day, I visited another school for poor children and orphans. I then interviewed the director of the Sankat Mochan Foundation, who is planning to reduce the pollution of the Ganges in the areas for religious services. I also made an important decision regarding my life: this blog is just a brief summary of my first-hand experiences, the book will have longer, more detailed descriptions. Check out the photos with the ‘travel pictures’ link on the right.


martedì 8 novembre 2011

Pagellino temporaneo Nepal / Temporary report Nepal

Ho deciso di creare un pagellino per giudicare l’esperienza di viaggio in ogni paese che incontrerò lungo il cammino. Riguarda solo la mia esperienza personale quindi ognuno può avere dei giudizi diversi dai miei . In questo caso è temporaneo perché quando realizzerò il libro su questo viaggio potrà essere modificato sulla base dell’esperienza in più che avrò accumulato strada facendo. Darò un voto a quattro punti che interessano principalmente la popolazione locale: viaggiare con i trasporti pubblici assieme ai locali comprendendo anche la situazione delle strade, sulla cucina locale (varietà e qualità), sull’ospitalità da parte della gente con gli stranieri e infine sul costo della vita per uno straniero cercando di vivere comunque economicamente.

-          Trasporti pubblici                        :   5    strade secondarie disastrate, sovraffollamento nei mezzi
-          Cucina locale                               :   4    si mangia solo Dal Bhat e Momo
-          Ospitalità della gente                   :   9    gente gentilissima e pacifica
-          Costo della vita per uno straniero :   8    davvero economico vivi anche con 10 euro al giorno
-          Media Nepal                                :   6,5



I have decided to rate - give a mark for - my travel experiences in every country I visit. It will be based on personal experience, so feel free to disagree. The ratings below are temporary and may well be changed in the light of later experiences. I give a rating out of ten to four areas which mainly concern the local people: travelling with them on public transport, taking into account the road conditions; the local food (variety and quality); their friendliness and hospitality towards foreigners; the cost of living for a foreigner on a budget.

     Public transport:                    5, terrible secondary roads, overcrowded means of transport;
-          Local food:                           4, all you eat is Dal Bhat and Momo;
-    Friendliness and hospitality:   9, extremely kind and peaceful people;
-    Cost of living for a foreigner:  8, definitely cheap, you can live on €10 a day.
-
          Average for Nepal:              6.5

08/11/2011 Ultimo giorno in Nepal / The last day in Nepal


Dopo alcuni giorni trascorsi a visitare la maggior parte dei templi buddisti e induisti nelle vicinanze di Kathmandu, stamattina mi sono presentato per la seconda volta in ambasciata indiana per proseguire la richiesta del visto. Una settimana fa esatta ho effettuato la prima richiesta in cui si consegna un form compilato e paghi circa 3 euro, dopo di ciò ti invitano a ripresentarti tra una settimana.

Arrivo alle 8 per prendere il numero della coda, nonostante l’ufficio apra alle 9.30, ma trovo comunque una trentina di persone già in fila davanti a me.
Incontro varie conoscenze tra cui Rodney, un fricchettone americano di 64 anni, conosciuto in un pub che assomiglia a babbo natale con un cappellino da marinaio e la faccia davvero simpatica. Dopo un ora di attesa vedo arrivare pure Amjad, un ragazzo tedesco figlio di genitori turchi immigrati in Germania, conosciuto allo Shanti Jatra Organic Festival che ora vive da un mese in un monastero nelle vicinanze di Kathmandu a meditare. Conosco una coppia di italiani in viaggio da un anno, con il round the world ticket, che per fortuna dopo 3 ore di attesa riescono a farmi passare con loro. Consegno la richiesta compilata con foto e altri 30 euro al funzionario dell’ambasciata che mi dice di passare alle 17.

Nel mentre torno alla guesthouse perché ho un appuntamento su skype per un intervista sul mio viaggio, con Claudio Vigolo di Radio Lifegate, che dovrebbe andare in onda venerdì alle 18.30. Mi raccomando seguitemi.

Mi ripresento all’ambasciata e dopo un'altra ora di attesa finalmente arriva il mio turno ma quando mostro la mia ricevuta alla funzionaria dell’ambasciata mi respinge chiedendomi di aspettare ancora. Per fortuna mi accorgo di non essere l’unico vedendo l’espressione preoccupata di Rodney ma dopo pochi minuti finalmente arrivano gli ultimi passaporti tra cui il mio. Riprovo e questa volta mi appare un altro meraviglioso timbro sul mio passaporto!
Per un viaggiatore ricevere il visto d’entrata per un paese nuovo è un momento di gioia perché è come un tatuaggio che rimarrà impresso nella mente tutta la vita. Sono 5 anni che sogno di entrare in India grazie ad un libro che ha cambiato la mia vita, Shantaram.

Ora sistemo di nuovo lo zaino liberandomi dei vestiti pesanti e inutili, poi esco a bere l’ultima Everest (birra nepalese) che domattina alle 6 parto per il confine con il bus più economico e avventuroso possibile. Danjabaad Nepal ( grazie Nepal ).




After a few days spent visiting most of the Buddhist and Hindu temples around Kathmandu, this morning I went for the second time to the Indian Embassy for my visa. A week before, I had started the procedure, filling in a form and paying about €3 before being told to come back in a week. 

So there I was at the Embassy at 8 in the morning to get my number for the queue, and even though the office opens at 9.30 there were already about thirty people queueing up. I met various people I already knew, including Rodney, a 64-year-old American freak who looks like Father Christmas with a sailor’s hat and a really funny, friendly face. An hour later along came Amjad, a German Turk I had met at the Shanti Jatra Organic Festival. He had lived and meditated in a monastery near Kathmandu for a month. I also got to know an Italian couple who had been travelling around the world for a year on a round-the-world ticket and who managed, luckily for me, to take me with them into the office when they were finally admitted after a three-hour wait. I handed in my filled-out form with a photo, paid another €30 and was told to come back at 17.00. 

In the meantime, I went back to my guesthouse as I was going to be interviewed about my journey on Skype by Claudio Vigolo of Radio Lifegate. This should be broadcast on Friday at 18.30 - don’t miss it! 

Then back to the Embassy. Another hour’s wait and it was finally my turn, but when I showed my receipt to the officer he said I had to wait a bit longer. This worried me and I noticed I wasn’t the only one when I saw Rodney’s expression, but a few minutes later the last passports arrived, including mine with another wonderful new stamp in it! When you are a traveller, getting your entry visa to a new country is a moment of joy, it’s like a tattoo that will remain impressed in your mind forever. For five years I have dreamed of going to India, thanks to Shantaram, a book  that changed my life.

 I then sorted out my backpack, got rid of the now-unneccesary heavy clothing and went out for my last Everest (Nepalese beer) before leaving at six the next morning with the cheapest and most adventurous bus I could find. Danjabaad Nepal (Thanks Nepal).

venerdì 4 novembre 2011

29/10/2011 Tihar Festival



Dopo neanche un mese di viaggio sono già stato adottato da una famiglia nepalese. Kim mi ha invitato a festeggiare il Tihar festival con la sua famiglia nel villaggio sperduto su una collina della foresta in cui vivono. Il festival indù delle luci è molto sentito in Nepal, durante questi cinque giorni tutte le case vengono illuminate da candele o lampade in cherosene. Si celebra ogni giorno un tema diverso ma principalmente la vita e la sua prosperità. Arrivo in tempo per l’ultimo e più importante giorno. L’ultima celebrazione riguarda fratelli e sorelle un legame molto forte da queste parti.

La famiglia di Kim ha deciso di farmi partecipare a questa cerimonia come uno dei fratelli ed io non posso che essere onorato. Sono il primo straniero che viene invitato nel loro villaggio che si trova in una valle completamente fuori dagli itinerari turistici e poco accessibile. Ho camminato alcune ore nella foresta tra scimmie e farfalle per raggiungere la loro fattoria.

Inizia la cerimonia, vengo cortesemente invitato nella sala centrale della casa, una stanza di terracotta utilizzata per cucinare attraverso un braciere scavato nella terra. Mi siedo assieme ai miei nuovi due fratelli nepalesi. Le quattro sorelle ci camminano attorno lasciando cadere fiori sulla nostra testa. Si siedono in fronte a noi e augurandoci una lunga vita iniziano una alla volta a decorarci la fronte con tika di diversi colori, un marchio religioso che si pone sulla fronte con le dita. Ci donano diverse collane floreali con un fiore arancione che appassisce molto lentamente. Infine riceviamo del cibo e una birra. I fratelli per concludere la cerimonia devono dare un piccolo dono o un’offerta in denaro simbolica alle sorelle dopo aver segnato la loro fronte con il tika.

Terminato il rito si festeggia tutto il giorno sorseggiando Rakshi , il disgustoso vino nepalese. Poche ore dopo mi accorgo che son tutti ubriachi e naturalmente son tutti concentrati sullo straniero adottato. Si scherza, si balla e  canta fino a notte fonda.

Il giorno dopo Kim mi accompagna alla fermata del bus sull’unica strada al limite del praticabile che arriva vicino al villaggio a ben due ore di cammino. Per pochi minuti perdo l’ultimo mezzo partito, saluto Kim ed inizio ad aspettare il prossimo. Non avevo idea di che avventura mi stava accadendo. E’ stata la più lunga attesa per un bus senza successo della mia vita. Ho aspettato 20 ore dormendo sul marciapiede nel mio sacco pelo in attesa che si facesse vivo qualcuno.
Alle 6 del mattino ho deciso di iniziare a camminare lungo la strada per capire che succedeva. Sono partito con poca acqua, pochissimi soldi - perchè non ho incontrato bancomat per 2 settimane - e soprattutto senza cibo. Appena ho iniziato a camminare mi sentivo già meglio, sentire che ero di nuovo in movimento verso qualcosa di sconosciuto mi rilassava. Dopo un ora circa fortunatamente ho incontrato un furgone cassonato, colmo di gente locale, che mi ha caricato al volo. In  uno spazio del cassone di sei metri per due circa c’erano una cinquantina di persone ammassate una sopra l’altra in posizioni improvvisate. Mi rendo conto di non essere stato l’unico ad avere problemi di trasporto in quei giorni. Vengo a sapere che il traffico si era paralizzato per un giorno a causa di un incidente mortale sul mezzo che ho mancato per pochi minuti. La benedizione delle sorelle ha funzionato !

Ho sofferto per quattro ore su quel furgone provando varie posizioni senza successo. Tuttavia mi sono reso conto che la vera avventura in posti come il Nepal è viaggiare con i mezzi di trasporto pubblici o di fortuna assieme ai locali. Scordatevi la comodità, anzi le vostre ossa e i vostri muscoli soffriranno parecchio ma c'è qualcosa di speciale nella complicità e solidarietà che si crea tra i viaggiatori, anche con me che spesso sono l'unico straniero. Da tutto ciò si forma la base culturale di questo paese.


Not even a month of travelling and I was ‘adopted’ by a Nepalese family. Kim invited me to celebrate the Tihar festival with his family in a remote village on a hill in a forest. The Hindu festival of lights is really important here in Nepal. In the five days it lasts, all the houses are lit with candles and kerosene lamps. Every day a different theme is celebrated, but basically life and prosperity. I arrived just in time for the last and most significant day, which celebrates the very important bond between brother and sister. Kim’s family decided I could take part in the ceremony as one of the brothers, something I felt greatly honoured by. I was the first foreigner to be invited to their village, which is completely off the tourist track and not easily reached: it took several hours on foot through a forest full of butterflies and monkeys to reach their farm. 


The ceremony began and I was politely invited to the central room of the house. The room was made of baked clay and the cooking was done on a brazier dug into the floor. I sat next to my two
new Nepalese brothers while the sisters first walked around us, letting flowers fall on our heads, then sat before us, wished us a long life, and applied different-coloured tikas, religious marks, to our foreheads with their fingers. They gave us several flower necklaces with orange flowers that wither very slowly. Lastly, we were served food and beer. To conclude the ceremony, after marking their sisters’ foreheads with tikas, the brothers had to give them a small gift or symbolic sum of money.
After this ritual, everybody drank Rakshi, a rather nauseating Nepalese wine. A few hours later,
I realised that everybody was drunk and, of course, all interested in their ‘adopted’ foreigner.
There was singing, dancing and joking well into the night. 


The next day, Kim walked with me from the village to the bus stop on the nearest road, which was not only almost impassable, but also a good two-hour walk away. Unfortunately, I missed the bus by just a few minutes, so we said goodbye and I got ready to wait for the next one. I had no idea that it would be the longest I’d ever waited for a bus: twenty long hours, with only the side of the road to sleep on in my sleeping bag, whilst waiting for some form of transport to show up.
 At six the next morning, I decided to set off down the road. I had little water, hardly any money – no sign of a cash machine for two weeks – and, above all, no food. But as soon as I got moving, I started feeling better, knowing that I was on the way again towards something unknown. Luckily, after an hour or so I came across a box truck and managed to get a lift, although it was already jam-packed: fifty-odd people squashed like sardines in the space of only six metres by two. I was clearly not the only one finding it difficult to be going places, and later learned that the traffic had been paralysed for a day because of a fatal accident involving the bus I had missed by just a few minutes the previous day. The sisters’ blessing had worked!

I tried several times to find a comfortable position in the lorry, but none worked and in the end the journey was four hours of suffering. It struck me that travelling with the local people on public transport or whatever turns up is part of the adventure in places like Nepal. You can forget about comfort, your body will ache and ache - but there is something special in the togetherness and mutual support that grows between travellers - even with me, and I’m often the only foreigner. This is the basis of this country’s culture.